La giornata di ieri e la scorsa notte sono state di grande preoccupazione per gli abitanti delle aree circostanti la laguna di Caorle e per gli addetti alle opere di difesa idraulica del  Comprensorio di Bonifica del Veneto Orientale che da 36 ore sono incessantemente all’opera.

Storicamente questo periodo dell’anno è particolarmente critica per questi territori che si trovano nell'arco settentrionale della costa dell'Adriatico. La concomitanza di alte maree eccezionali, unite alle condizioni meteorologiche tipiche del periodo, che possono dare ad eventi anche molto intensi, creano una miscela  pericolosissima per questi vasti territori che si trovano al di sotto del livello del mare e sono percorsi da grandi fiumi come Piave, Livenza e Tagliamento, i cui bacini imbriferi si originano nelle Alpi, contenuti in argini di altezze che raggiungono e spesso superano i 10 metri per cercare di contenerne la potenza distruttrice.

In questo periodo dell’anno si avvenne l’alluvione catastrofica del 1966, in questo periodo dell’anno si è abbattuta la tempesta Vaia del 2018 e l’Acqua Granda del 2019.

E puntualmente, nei primi giorni di novembre, questi fenomeni meteo-climatici si sono presentati anche quest'anno, ma inquadriamo esattamente come.

La piena del Tagliamento di ieri è stata sostenuta, ma non eccezionale, così come la marea di + 110 cm sul medio mare, mentre i venti di scirocco che avevano soffiato forte nella notte precedente erano calati e avevano girato in Libeccio già ieri mattina. La punta di piena del Tagliamento a Latisana, che si trova a una decina di chilometri dalla foce a mare del fiume, è stata raggiunta verso le 13 con un livello che ha mantenuto un franco di sicurezza di oltre 2 metri più basso del ponte sulla statale 14, comunque chiuso per sicurezza.

Ciò ha ovviamente innescato lo scolmatore Cavrato, sulla sponda veneta del fiume, che si dirama dal Tagliamento all’altezza della località di Cesarolo, ove si è incanalata più della metà della piena del fiume verso la laguna di Baseleghe e da questa, teoricamente, avrebbe dovuto arrivare al mare attraverso la foce di Baseleghe, all’estremità occidentale del litorale di Bibione. Come detto le condizioni della marea e del vento non erano tali da suscitare particolare apprensione.

Verso mezzogiorno, però, si è iniziato a notare un fenomeno di cui da tempo si paventava la possibilità, ma che non si era mai manifestato così chiaramente, e cioè che le acque del Cavrato, una volta raggiunta la laguna di Baseleghe non escono a mare attraverso l’omonima foce, ma cominciano a risalire il canale lagunare dei Lovi e quindi il canale di bonifica Taglio, gonfiandoli fino a raggiungere portandoli a quote superiori ai due metri sul livello del medio mare, in pratica un metro al disopra dell’alta marea di ieri. Un’ulteriore parte della portata del Cavrato si indirizza verso l'altro grande canale della laguna di Caorle, il Nicesolo, attraverso i canali lagunari Canadare e del Morto, mandando quindi in crisi l’intero sistema lagunare.

La pressione generata da questi livelli, che si confrontano con arginature di contenimento delle acque di quota di poco superiori ai due metri sono state tali da provocare infiltrazioni e tracimazioni diffuse in molti punti ed infine una rotta in sinistra idraulica del canale Taglio, in località Prati Nuovi di San Michele al Tagliamento, attraverso cui le acque hanno iniziato a riversarsi nel territorio del 7° bacino.

La rottura arginale si è verificata in un punto irraggiungibile da qualsiasi mezzo d'opera e il bacino di 500 ettari, fortunatamente completamente agricolo, ove risiedono solo quattro famiglie che hanno dovuto essere prontamente sfollate, è destinato ad un inesorabile lenta, completa sommersione con terreni che si trovano a quote che vanno dal livello del mare fino ad un metro e cinquanta centimetri al di sotto.

C’è poi il problema di 800 capi di bestiame che dovrebbero essere portati in salvo, ma che difficilmente possono essere allontanati in poco tempo, rischiando quindi di morire annegati.

È partita quindi di una corsa contro il tempo per richiudere una breccia di circa 10/15 metri attraverso la posa di sacconi di roccia da uno e due tonnellate. Dopo un sopralluogo notturno per verificare la possibilità di trasportare circa 10.000 metri cubi di materiale inerte lungo due chilometri di stretta sommità arginale in condizioni critiche di stabilità e in un bacino in progressivo allagamento, si è concluso che ci sarebbero voluti alcuni giorni, si è pertanto scelta la soluzione di costruire una pista sottobanca all’argine opposto e di realizzare ove depositare il sacchi di materiale inerte che sono stati trasportati da una sponda all’altra da un elicottero dei Vigili del Fuoco arrivato da Bologna e posizionati grazie ad un escavatore di una ditta di fiducia del Consorzio che si è riusciti a far giungere sul punto del cedimento arginale.

Una volta chiusa la falla potrà iniziare la purtroppo lenta opera di prosciugamento del bacino invaso da acque che non sono potute passare attraverso la foce di Baseleghe perché palesemente insufficiente.

I lavori di messa in sicurezza del cedimento si sono conclusi nella tarda mattinata di sabato.