Abbandono del territorio, cementificazione e cambiamenti climatici accentuano le fragilità del territorio italiano, incrementando il pericolo di frane, che ha ormai superato il numero di 620.000, interessando un’area di 23.700 chilometri quadrati pari al 7,9% della superficie nazionale, concentrato soprattutto al Centro Nord (Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Liguria Lombardia); analogamente le aree a pericolosità idraulica elevata  interessano 12.405 chilometri quadrati, pari al 4,1% dell’Italia. Secondo i dati di I.S.P.R.A. (Istituto Superiore Protezione Ricerca Ambientale), in aree a rischio vivono oltre 3 milioni di famiglie, suddivisi in circa 2 milioni di edifici; vi sorgono circa 680.000 attività economiche con oltre 2.500.000 addetti.

“Per contrastare l’accentuarsi dei fenomeni a seguito della crisi climatica ed aumentare la resilienza dei territori,  è necessario creare fasce boscate nelle aree pedecollinari, utili a consolidare il territorio, limitando il rischio che episodi di dissesto abbiano conseguenze drammatiche per le comunità”: a proporlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI),  intervenuto ad un confronto  promosso dal Partito Democratico sulle migliorie da apportare al Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza.

Per questo, di fronte al crescente pericolo, ANBI ribadisce la necessità di riallocare, nel P.N.R.R., il miliardo destinato alla forestazione e poi cancellato.

Analogamente si chiede il ripristino del miliardo oggi dimezzato e destinato alla digitalizzazione della rete idraulica.

“Ciò permetterebbe un maggiore controllo sull’utilizzo della risorsa acqua, contrastando eventuali abusi e fornendo un utile supporto allo sviluppo sostenibile del settore agricolo. Ciò – conclude il Presidente di ANBI – rientra a pieno titolo nella necessità di nuove infrastrutture a servizio del territorio, ritenuta un’esigenza strategica per l’Italia. I Consorzi di bonifica ed irrigazione hanno pronti centinaia di progetti, capaci non solo di garantire migliaia di posti di lavoro, ma soprattutto di rispettare i tempi europei, che indicano il 2023 come scadenza per la conclusione dell’iter autorizzativo ed il 2026 come termine ultimo per la realizzazione e rendicontazione degli interventi. Finanziarli, attraverso l’opportunità del Recovery Plan, sarebbe un segnale importante nel segno del Green New Deal; per questo, li mettiamo a disposizione del Paese.”